Alimentazione e attività fisica per controllo e calo ponderale
Il rapporto tra alimentazione e salute è stato evidenziato già nei tempi antichi. Chi non conosce la famosa frase di Ippocrate: "fa che il cibo sia la tua medicina, e che la medicina sia il tuo cibo"?
Lo sviluppo delle tecniche agricole e di allevamento ha cambiato radicalmente il nostro modo di alimentarci come molti altri settori affini al mondo della nutrizione hanno subito radicali cambiamenti.
Sempre più frequentemente ci si imbatte in problemi di eccesso di peso corporeo che si ripercuote negativamente su tutto l’organismo costituendo di per sé un serio fattore di rischio per patologie cardiovascolari e respiratorie, diabete mellito, dislipidemia, osteoartrosi e alcuni tumori.
Lo scopo principale della terapia nel paziente obeso o in sovrappeso è sicuramente quello di migliorare lo stato di salute, ridurre il rischio di complicanze e migliorare il quadro psicologico generale.
Ad oggi esistono differenti approcci terapeutici che prevedono la collaborazione di diverse figure professionali, quali il medico nutrizionista, il dietista o il nutrizionista biologo, lo psicologo, il laureato in scienze motorie ed infine il medico chirurgo, al quale ci si rivolge nei casi in cui l’approccio conservativo risulti fallimentare e si debba ricorrere alla chirurgia bariatrica.
Il primo intervento terapeutico si basa sul cambiamento dello stile di vita che include la correzione delle abitudini alimentari grazie a una adeguata dietoterapia ed educazione alimentare e la pratica di attività fisiche compatibili con il quadro clinico di ciascun paziente.
Uno stile di vita sano e attivo caratterizzato da una corretto regime alimentare e un adeguato livello di attività fisica permette di mantenere un buono stato di salute e quindi di prevenire tutte quelle patologie cronico-degenerative ad eziologia alimentare.
Attività Fisica
Secondo l’OMS Organizzazione Mondiale della Sanità, per attività fisica si intende "qualunque sforzo esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un consumo di energia superiore a quello in condizioni di riposo".
In questa definizione rientrano quindi non solo le attività sportive ma anche semplici movimenti quotidiani come camminare, andare in bicicletta, ballare, giocare, fare giardinaggio e lavori domestici.
Le maggiori organizzazioni scientifiche, nazionali ed internazionali (SINU, ADI, SIAS, SIIPS, WHO) sono concordi nel considerare una regolare attività fisica uno dei fattori principali per prevenzione e terapia delle cosiddette malattie del benessere.
Ad oggi, infatti, è considerata parte integrante dei protocolli terapeutici, anche per gli effetti indotti sullo stato di salute generale, sull’efficienza fisica e sulla sfera psicologica.
In particolare, l’aumento dell’attività fisica e del movimento in generale, spontaneo e/o organizzato, è coinvolto nella regolazione del peso corporeo "direttamente" aumentando il dispendio energetico, durante l’attività stessa e "indirettamente" attraverso un aumento della massa muscolare, quella magra, metabolicamente attiva che essendo una delle componenti coinvolta nel il metabolismo basale lo aumenta determinando un maggior consumo calorico a riposo.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda almeno 150 minuti a settimana di attività fisica di tipo aerobico a intensità moderata per gli adulti e 60 minuti al giorno di attività da modesta ad elevata intensità per bambini e giovani (1) .
Le Linee Guida Internazionali suggeriscono un minimo di 30-60 minuti di attività fisica di moderata intensità 3-4 volte a settimana (camminare, correre, andare in bicicletta o altra attività aerobica) in aggiunta a maggior movimento durante le usuali attività (per esempio camminare, usare le scale, portare a spasso il cane, ecc.).
Per aumentare il movimento nell’arco della giornata si possono mettere in atto alcuni accorgimenti come andare a lavorare a piedi o in bicicletta, evitare la macchina per piccoli spostamenti, fare le scale invece di prendere l’ascensore, dedicarsi al giardinaggio o ai lavori di casa, ecc.
Il costo energetico di ciascuna attività varia in relazione al soggetto e quindi in base al diverso tono muscolare, alla quantità di massa grassa, al livello di allenamento l’efficacia ergonomica con cui viene effettuata l’attività, il suo ritmo, ecc., alle condizioni ambientali, alle condizioni psicologiche ecc.
Esistono diversi tipi di attività fisica classificate in base ai diversi sistemi energetici coinvolti (2):
Attività anaerobica alattacida:
nelle cellule muscolari esistono riserve di gruppi fosforici attivi FC fosfocreatina. La fosfocreatina si forma nel muscolo a partire da una molecola di creatina e una di fosfato inorganico.Quando il corpo necessità di energia la fosfocreatina cede il suo gruppo fosfato che si unisce all’ ADP, adenosinadifosfato, formando nuovo ATP utilizzato appunto a scopo energetico.
Attività anaerobica lattacida:
caratterizzato da glicolisi anaerobica, interviene principalmente in attività con una durata da 15 secondi a oltre 60 secondi, utilizzando come substrato energetico i carboidrati depositati nel muscolo e nel fegato sotto forma di glicogeno.Risultato di tale processo è la produzione di energia sotto forma di ATP, di lattato e di ioni idrogeno.
Attività aerobica:
sistema energetico utilizzato nelle attività di durata superiore 3/4 minuti. Con l’attivazione di questo sistema energetico è necessaria la presenza di ossigeno, per ossidare i substrati energetici quali carboidrati (glucosio plasmatico e glicogeno muscolare ed epatico che vengono idrolizzati a glucosio) e lipidi (trigliceridi depositati nel tessuto adiposo e intramuscolari, che vengono scissi in acidi grassi e glicerolo). Durante l’esercizio fisico, il sistema aerobico inizia ad intervenire sovrapponendosi a quello anaerobico lattacido in seguito a esaurimento dei gruppi fosfato muscolari e accumulo di acido lattico che si verifica poco dopo l’inizio di una attività.Anche l’esercizio finalizzato al mantenimento e/o aumento della massa magra muscolare trova il suo spazio in un percorso di ricomposizione corporea e in alcuni casi può risultare particolarmente importante.


Dietorepia
L’intervento dietoterapico consiste nell’attuazione di adattamenti qualitativi e quantitativi che è necessario apportare al regime alimentare abituale del soggetto per prevenire, controllare e correggere sia gli errori nutrizionali che gli squilibri metabolici.
Punto di partenza nel trattamento del paziente e quindi la valutazione dello stato di nutrizione, attraverso anamnesi fisiologica, patologica e alimentare e misurazioni delle variabili antropometriche (peso, statura, circonferenze e pliche), chimiche, cliniche e della composizione corporea.
A questo segue l’elaborazione di un piano dietetico adeguato che sia il più possibile adattabile alle abitudini di vita agli impegni quotidiani e ai gusti del paziente. Un programma dietetico deve quindi essere personalizzato e deve tener conto di diversi fattori:
- Fabbisogni energetico definito come l’apporto di energia di origine alimentare necessario a compensare il dispendio energetico di individui che mantengano un livello di attività fisica sufficiente per partecipare attivamente alla vita sociale ed economica e che abbiano dimensioni e composizione corporee compatibili con un buono stato di salute a lungo termine. Viene stimato considerando tre diversi fattori: MB metabolismo basale (consumo energetico necessario per mantenere le funzioni vitali a temperatura ambiente (20°C e 27°C) in un soggetto a riposo, ma in stato di veglia, digiuno da almeno 12 ore, in assenza di stimoli eccitatori fisici o mentali). Rappresenta circa il 60-75% del dispendio energetico totale. TID termogenesi dieto-indotta ossia indotta dall’assunzione di cibo (spesa energetica necessaria per digestione e assorbimento dei nutrienti introdotti con l’alimentazione). Lo stimolo termogenico maggiore è provocato dalle proteine (22,5%), mentre stimoli inferiori sono dati dai carboidrati (7,5%) e lipidi (3,5%). Rappresenta circa il 10-15%. TIE termogenesi indotta da attività fisica. Rappresenta circa il 15-30%.
- Variabili biologiche (età, sesso, stato fisio-patologico)
- Abitudini e preferenze alimentari
- Abitudini quotidiane
- Stile di vita
- Disponibilità di alimenti
- Condizioni socioeconomiche
- Variabili etnico-religioso-culturali.


Conclusioni
In conclusione il modo migliore per ottenere un calo ponderale e renderlo stabile nel tempo è quello di adottare uno stile di vita sano e attivo, e quindi associare dieta (intesa come corretto regime alimentare) e attività fisica.
Ottenere un calo ponderale significa instaurare uno squilibrio energetico, (l’introito inferiore al dispendio).Perdere peso però non significa necessariamente perdere massa grassa (un kg di grasso corrisponde in termini energetici a circa 9000/7000kcal). L’organismo può apportare delle modifiche metaboliche per cercare di preservare il grasso, considerato una riserva energetica.
Generalmente ogni kg di peso corporeo perso con un’alimentazione lievemente ipocalorica e bilanciata in nutrienti, associata ad un adeguato programma di attività fisica, (circa 7000 Kcal) è costituito sia da massa grassa (75-80%) che da massa magra (20-25%).
Con diete eccessivamente restrittive o sbilanciate soprattutto se non associate ad un adeguato programma di attività fisica la perdita di massa grassa a scapito della magra sarà sempre minore. Si avrà quindi una perdita in percentuale maggiore di massa magra con corrispondente abbassamento del metabolismo basale (per ogni chilo di massa magra perso si abbassa il metabolismo di circa 40 kcal).
Praticare esercizio fisico in modo regolare e moderato oltre a migliorare la composizione corporea (l’aumento della massa muscolare favorisce la riduzione di quella adiposa aiutando a perdere il peso in eccesso), migliora numerosi parametri cardiovascolari e metabolici.
Ad oggi il miglior cocktail farmacologico per il miglioramento dello stato di salute è quello a base di nutrizione e sport.